Appel pour les frères Stanislav et Ilya Kostsev, âgés de 19 et 21 ans, condamnés à mort
L’histoire de ces deux jeunes hommes condamnés à mort en Biélorussie a été rendue publique grâce à un article publié dans BBC News par Tatsiana Melnichuk et Tatsiana Yanutsevich.
La date de leur exécution n’est pas connue, il est donc possible que les deux garçons soient exécutés d’un jour à l’autre.
Hanna, la sœur aînée, a apporté son témoignage. En janvier 2020 tombe la condamnation à la peine de mort. Dans la salle d’audience, Hanna a embrassé ses jeunes frères et leur a promis de faire tout ce qui était possible pour les sauver. Nous pensons qu’il est de notre devoir de la soutenir en demandant au Président de la République de Biélorussie de faire preuve de clémence envers ces deux jeunes.
C’est une histoire de pauvreté qui remonte à 19 ans, lorsque le père de ces garçons est décédé. Stanislav, le plus jeune, avait alors cinq mois. Ilya avait déjà deux ans. La mère des garçons, Natalja, travaillait comme laitière dans une ferme collective pour nourrir sa famille. Plus tard, elle a trouvé un emploi dans une entreprise de transport, où elle travaillait souvent en équipe de nuit. Stanislav, Ilya et leur frère aîné ont souvent été confiés à Hanna, la fille aînée. Natalja a tenu bon pendant 13 ans. Mais lorsque Stanislav et Ilya ont eu 14 et 16 ans, ils lui ont été retirés et placés dans un foyer pour enfants tenu par l’État. Natalja devait payer chaque mois une facture à l’État, correspondant à un tiers de son maigre salaire. Elle est actuellement endettée envers l’État de Biélorussie, à qui elle devra payer les échéances qu’elle n’a pas pu payer pendant encore huit ans.
Depuis que ses enfants ont été arrêtés, en avril 2019, elle ne peut les contacter que par courrier. La prison était loin et Natalja ne pouvait pas voyager à cause de ses horaires de travail et de ses dettes.
Peu après le 18e anniversaire de Stanislav, alors que les deux garçons purent enfin rentrer chez eux, la joie d’être réunis en famille ne dura pas longtemps. Un voisin avait signalé les enfants de Hanna, les petits-enfants de Natalja, aux services sociaux, suggérant qu’ils soient eux aussi placés dans une institution. C’est alors que Stanislav et Ilya ont tué, ils ont mis le feu à la maison, et ont été immédiatement arrêtés.
Les deux frères ont supplié la famille de la victime de leur pardonner, et tous deux ont depuis demandé à voir un prêtre. Ils sont détenus séparément car ils n’ont pas le droit de se rencontrer ni de s’écrire.
Après la condamnation à mort de ses frères, Hanna a appris que d’autres pays d’Europe ne pratiquent pas les exécutions et n’appliquent plus la peine de mort. Ce fut une découverte amère, mais peut-être aussi l’espoir que leur peine puisse être commuée en prison à vie.
La Biélorussie est le seul pays européen où la peine de mort existe encore, et dans ce pays, la famille ne peut pas connaître la date de l’exécution ni l’endroit où les corps seront enterrés. La peine de mort bafoue le droit d’avoir un lieu pour pleurer ses proches. La peine de mort bafoue le droit au repentir.
RICHIESTA DI GRAZIA DA PARTE DI TAMARA IVANOVNA CHIKUNOVA
Presidente dell’associazione «Madri contro la pena di morte e la tortura»
Egregio Signor Presidente, Lukashenko A.G.!
Io, Tamara Chukunova T.I., Presidente dell’organizzazione pubblica «Madri contro la pena di morte e la tortura», mi rivolgo a Lei quale suprema istanza del potere costituzionale della Repubblica di Bielorussia, con la richiesta di grazia per Stanislav Kostev e Il’ja Kostev, condannati a morte il 10.01.2020 dal tribunale della regione di Mogilëv.
La pena di morte è una forma di punizione eccezionale, sospende il diritto alla riabilitazione di chi ha compiuto un delitto.
La pena di morte è un omicidio legalizzato in nome della legge, un delitto contro la vita umana, contro la persona, una vendetta della società.
La pena di morte aumenta la crudeltà, perché dopo l’esecuzione del reo le sue vittime non tornano in vita, ma le persone che vivono in questo Stato e che sostengono la pena di morte divengono carnefici.
La crudeltà della legge genera la crudeltà della società!
Io non giustifico i criminali per i delitti commessi, ma è ormai dimostrato che l’esecuzione del reo non cambia la situazione, ma soltanto l’aggrava.
E a questo c’è una chiara conferma: quando hanno dato lettura alla sentenza di pena di morte a Stanislav e Il’ja Kostev nel tribunale della regione di Mogilëv coloro che stavano assistendo nell’aula hanno applaudito a questa decisione!
NESSUNO tra coloro che applaudivano ha riflettuto sul fatto che la CONDANNA del tribunale è un atto di Stato ed è stata comminata a nome di TUTTI gli abitanti della Bielorussia; ciò significa che Tutti in maniera diretta o indiretta prenderanno parte alla PENA DI MORTE!
Perché la società può decidere la questione dell’opportunità dell’esistenza o meno di qualcuno dei suoi membri? In cosa lo Stato si differenzia dall’assassino che ha privato della vita una persona per ragioni di vendetta? Esso può distinguersi dal criminale isolandolo, ma se non vuole diventare simile al criminale non deve disporre di ciò che non gli è stato dato.
Il diritto penale enuncia quale proprio principale obiettivo la correzione del condannato, mentre la pena è soltanto il mezzo per ottenere questo scopo.
La pena di morte NON può ritenersi una punizione che formi tratti della personalità positivi, perché la vendetta della società è il ritorno alla legge del taglione «occhio per occhio e dente per dente».
Il «principio» dell’occhio per occhio «renderà tutto il mondo cieco»!!! (Mahatma Gandhi).
Condannando il criminale alla pena di morte il giudice ritiene che egli non potrà più riabilitarsi. Come egli può trarre tale conclusione e sulla base di cosa?
Certamente, il criminale non deve rimanere impunito; tuttavia, a questo fine esistono metodi più civili quali, ad esempio, l’ergastolo che pochi chiamerebbero punizione leggera, in virtù della quale si ottiene l’isolamento del criminale dalla società. L’uccisione attraverso la pena di morte è un attentato a Dio, poiché soltanto Dio è l’Autore della vita, suo Donatore, Creatore, Padre!
LA VITA dell’uomo non è proprietà dello Stato! «Non uccidere»: con il sesto comandamento il Signore proibisce l’assassinio, cioè la privazione della vita di altre persone.
La pena di morte del delinquente riguarda il male sociale ed è una vendetta, mentre i membri dell’amministrazione della giustizia della pena comminata sono gravemente responsabili davanti a Dio i giudici e i governanti che hanno inflitto tale pena e quelli che danno il loro tacito consenso a chi uccide.
In Bielorussia si ritiene credente il 60% della popolazione del paese. Tra questi l’82% sono ortodossi, il 12% cattolici. Ciò dice che la maggioranza della popolazione crede in Dio.
La religione ha un grande significato nel mondo contemporaneo. Essa unisce milioni di persone, dà loro speranza nei tempi difficili, forma le norme etiche del comportamento umano.
«Non uccidere!»
«Oggi molti Stati hanno abolito la pena di morte per legge o non la applicano nella pratica.
Ricordando che la misericordia verso l’uomo traviato è sempre preferibile alla vendetta, la Chiesa accoglie con favore tali passi delle autorità statali» (Fondamenti della concezione sociale della Chiesa ortodossa russa, p. IX.3).
«Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi. Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che “la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo»
(Papa Francesco).
Ardisco ricordare le Sue parole molto giuste e importanti, signor Lukashenko, pronunciate il 3 giugno 2014, durante un intervento al IV forum ortodosso-cattolico europeo a Minsk:
«La fede cristiana resta una parte inalienabile della visione del mondo e della vita spirituale e della maggioranza dei bielorussi. Occorre difendere i valori cristiani, costi quanto costi. Se li perderemo, perderemo tutto!».
Il Vangelo ci rivela una moltitudine di esempi della misericordia di Gesù Cristo in vicende evidentemente criminose; ma il Salvatore ovunque si rifiutò di condannare alla pena di morte i colpevoli.
Di queste testimoniano le Sue parole:
“…Il Figlio dell’uomo non è venuto a perdere le anime degli uomini, ma a salvarle”.
(al Vangelo di Luca, capitolo 9)
Da ciò deriva che la pena capitale fa cessare la possibilità di salvare l’innocente e fa cessare la possibilità per il peccatore di pentirsi.
Signor Presidente, in Bielorussia la chiamano Bat’ka, padre.
Il padre mai pone la firma per rifiutare la grazia e non manda i figli alla pena di morte!
Adesso Lei è l’ultima e unica speranza per la cancellazione della condanna a morte di Stanislav e Il’ja Kostev.
Dalla sua decisione dipendono direttamente le vite dei fratelli Stanislav e Il’ja Kostev.
Concedete la grazia ai condannati a morte!
Tutti noi dobbiamo ricordare che la giustizia non può mai essere conseguita con la privazione della vita dell’uomo, l’etica non può mai essere affermata con la legalizzazione dell’omicidio.
La misericordia verso l’uomo che ha sbagliato è sempre preferibile alla vendetta. Tutto su questa terra ha un limite, ma non c’è limite alla Misericordia!
Il successo nella lotta contro il crimine si garantisce non con la spietatezza della legge, ma con la certezza della pena.
Con speranza e fede nella Sua misericordia,