Merri Utami ha trascorso quasi due decenni nel braccio della morte in Indonesia per un reato di droga che è stata costretta a commettere con l’inganno, prima di essere graziata dal Presidente indonesiano Joko Widodo.
Merri Utami, 49 anni, era stata condannata a morte tramite fucilazione nel 2002 da un tribunale di Tangerang, a circa 50 chilometri a ovest di Giacarta, dopo essere stata dichiarata colpevole per aver tentato di contrabbandare eroina nel Paese. Merri, però, ha sempre insistito sul fatto di non essere stata a conoscenza del suo ruolo e che era stata presa di mira e manipolata da trafficanti di droga professionisti. Come molte donne accusate di reati di droga, Merri proveniva da un background di povertà, abuso e sfruttamento. Eppure il tribunale che l’ha condannata a morte non ha mai saputo del suo passato a causa dell’incompetenza dell’avvocato del suo primo processo.
Merri ha affrontato le umiliazioni quotidiane all’interno del sistema carcerario femminile con coraggio, ha combattuto per rendere la sua vita tollerabile, ha imparato a fare giardinaggio ed è diventata un membro attivo della chiesa.
Una notte del 2016, Merri venne svegliata da due guardie carcerarie che la informarono che sarebbe stata trasferita nell’“isola delle esecuzioni”, per poi essere risparmiata insieme ad altri nove detenuti all’ultimo minuto. Sette anni dopo, il 13 marzo 2023, ha ottenuto la clemenza dal presidente Widodo che ha firmato il decreto presidenziale per commutare la sua condanna a morte in una condanna a vita.
Il legale di Merri ha dichiarato che lotterà affinché la donna riottenga anche la propria libertà.
Secondo un rapporto di Amnesty International, nel 2021 l’Indonesia ha emesso almeno 114 condanne a morte, portando il numero di detenuti nel braccio della morte del Paese a più di 500, alcuni dei quali sono cittadini stranieri, e che l’82% di tutte le condanne a morte registrate sono per reati legati alla droga.