Al Colosseo si accende la speranza: Cities for Life 2025 dice ancora “No alla pena di morte”

- in Città per la Vita

Al Colosseo, insieme a migliaia di città nel mondo, la Comunità di Sant’Egidio, Amnesty International, giuristi e giovani hanno ribadito che “non c’è giustizia senza vita”

Il 30 novembre, mentre in tutto il mondo oltre duemila Cities for Life illuminavano i loro monumenti, il Colosseo si è acceso come un grande segno di speranza contro la pena di morte. Nel luogo che un tempo ha visto violenza e scontri, la Comunità di Sant’Egidio ha radunato tanti amici, giovani, ministri della giustizia e difensori dei diritti umani per ricordare che “non c’è giustizia senza vita”.

La serata si è aperta con un saluto musicale di Vybes, giovane artista romano, che ha dato il benvenuto ai presenti prima dell’inizio degli interventi con la sua musica rap, dai contenuti molto vicini alle tematiche dell’incontro.

Ha preso poi la parola Mario Marazziti, che da venticinque anni guida la campagna internazionale contro la pena capitale. Ha ricordato come, da un piccolo gruppo di 58 città nel 2000, si sia arrivati alle oltre 2.500 di oggi: un movimento mondiale che sta davvero cambiando la storia, portando il numero dei Paesi abolizionisti da 16 negli anni Settanta ai 145 di oggi. Marazziti ha legato la lotta contro la pena di morte alla cultura della vita, in un tempo attraversato da guerre e violenze, e ha rivolto un appello al governatore della California, Gavin Newsom, perché commuti le 573 condanne a morte ancora in sospeso nel suo Stato.

Ileana Bello di Amnesty International ha ricordato che nel 2024 le esecuzioni nel mondo hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi dieci anni, con oltre 1.500 persone uccise in soli 15 Paesi. Nonostante ciò, sempre più Stati scelgono di non applicare più la pena capitale: un segno di speranza che va protetto e sostenuto, perché dietro ogni numero c’è una vita, una famiglia, una storia spezzata.

Molto atteso l’intervento di George Kain, professore di criminologia ed ex capo della polizia del Connecticut, protagonista dell’abolizione della pena di morte nel suo Stato. Ha descritto la situazione negli Stati Uniti, dove negli ultimi anni le esecuzioni sono aumentate insieme ai casi di condannati a morte riconosciuti innocenti. Kain ha insistito su un punto semplice ma decisivo: la pena di morte non rende più sicuri, non impedisce i crimini, non porta pace alle famiglie delle vittime. E ha affidato ai giovani presenti un compito: far sentire la loro voce, perché saranno loro a decidere il futuro.

Un momento toccante è stata la lettura, da parte dell’attore Paolo Sassanelli, delle lettere di William Thomas Jones, che ha vissuto per diciassette anni nel braccio della morte dell’Illinois prima che la sua condanna venisse commutata. Nelle sue parole si è aperto uno squarcio doloroso e profondamente umano sulla vita in una cella dove si aspetta di morire: la solitudine, la paura, l’attesa, ma anche il conforto di una lettera, la forza della fede, il desiderio semplice di vedere Roma o di camminare libero tra la gente. Tra il pubblico, e poi sul palco, le due persone, Clemente e Teresella, che per anni hanno tenuto con lui un rapporto sempre più familiare e profondo, con la corrispondenza .

Il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, ha ripreso il filo della serata ricordando che la pena di morte è la forma giuridica della disumanizzazione: la convinzione, profondamente sbagliata, che al male si possa rispondere con altro male. Ha ribadito gli enormi progressi fatti e l’importanza di continuare a umanizzare la vita in carcere, ridurre i reati punibili con la pena capitale ed escludere i più vulnerabili, come minori e persone con disabilità mentale. Ha poi salutato i giovani per la pace, tanti “nuovi europei”, e i ministri della giustizia di diversi Paesi presenti a Roma per discutere, il giorno successivo, un cammino comune verso l’abolizione totale.

La voce dei giovani è arrivata con Aurora, dei Giovani per la Pace, che ha raccontato il desiderio di una generazione che non vuole crescere in un clima di violenza e paura, ma sogna un futuro di pace e di rispetto per la vita. Infine, i ministri del Mozambico, di Timor-Leste e del Ciad hanno espresso il loro impegno a costruire sistemi giudiziari più umani e società dove la pena di morte sia definitivamente superata.

Quando il Colosseo si è illuminato, tutti hanno gridato insieme “No alla pena di morte!”, trasformando la serata in un’unica voce che da Roma si è estesa al mondo intero. Una voce che continua a dire che difendere la vita è sempre la strada giusta, e che l’abolizione della pena capitale non è un sogno ingenuo, ma un futuro concreto da costruire insieme.