Trump non ferma il boia e riscrive la storia con lui alla Casa Bianca esecuzioni record
Paolo Mastrolilli inviato a New York
Il giustiziere più prolifico dell’ ultimo secolo. È uno dei primati con cui Trump lascerà la Casa Bianca, se riuscirà a condurre le cinque esecuzioni che ha programmato da qui al 20 gennaio, quando Biden prenderà il suo posto con l’ obiettivo dichiarato di mettere fine alla pena di morte federale.
La prima era prevista ieri notte, dopo la chiusura del giornale. Nel penitenziario federale di Terre Haute, Indiana, era in programma l’ iniezione letale per Brandon Bernard, un nero condannato per l’ omicidio di due religiosi commesso nel 1999, quando aveva 18 anni. Oggi invece il boia aspetta Alfred Bourgeois, colpevole di aver torturato e ucciso la propria figlia di 2 anni, mentre a gennaio saranno giustiziati Lisa Montgomery, che aveva ammazzato una donna incinta per rubarle il feto; Cory Johnson, spacciatore di droga e disabile mentale, responsabile della morte di sette persone; e Dustin John Higgs, finito in galera per il rapimento e l’ omicidio di tre donne, che però non ha materialmente commesso, per ammissione del suo complice reo confesso Willis Haynes.
Se nessun giudice si intrometterà, Trump chiuderà il mandato con 13 esecuzioni, il numero più alto dalle 14 di Grover Cleveland nel 1896.
Un’ altra era, da cui gli Usa si stanno faticosamente allontanando. La maggioranza dei 50 Stati ha infatti cancellato o congelato la pena di morte, e l’ anno scorso sono stati giustiziati «solo» 22 condannati. Anche il clima politico sta cambiando, perché nel novembre del 2019 un sondaggio Gallup ha rivelato che per la prima volta la maggioranza degli americani, il 60%, è favorevole a sostituire le esecuzioni con l’ ergastolo. La Chiesa cattolica ha chiesto di fermare il boia, aumentando la pressione.
Ma allora perché Trump va avanti, violando la norma non scritta secondo cui i presidenti sospendono la pena di morte durante la transizione? La prima spiegazione, immediata, è che Donald non ha riconosciuto la sconfitta, e quindi non ha intenzione di presentarsi come un’ anatra zoppa. La seconda, data dal segretario alla Giustizia Barr ma poco credibile, è che sta solo rispettando la legge: «Se volete abolire la pena di morte, deve farlo il Congresso.
Finché c’ è, va applicata». La terza, di lungo termine, è politica. Trump ha ripreso le esecuzioni federali, ferme dal 2003, nel pieno delle proteste razziali dell’ estate scorsa. Ciò gli serviva per affermare il suo ruolo di presidente della legge e l’ ordine, in vista delle elezioni, ma allora aveva fatto attenzione a giustiziare solo condannati bianchi per non esporsi alle accuse di razzismo. Ora che ha perso va avanti sulla stessa strada, perché da una parte gli serve a consolidare la sua posizione in vista della possibile ricandidatura, e dall’ altra urta Biden. Il presidente eletto appoggiava la pena di morte, e nel Crime Bill del 1994 aveva aggiunto altri 60 reati che la prevedono. Ora però si è pentito, vuole bloccare le esecuzioni federali, e sollecitare gli Stati a fare altrettanto. Se il Congresso non lo seguirà, è pronto ad usare il potere di grazia per commutare nell’ ergastolo le pene di tutti i 54 condannati a morte rimasti, o almeno quelli che sopravviveranno alla resa dei conti finale di Trump.