La campagna internazionale contro la pena di morte. Articolo di Andrea Riccardi

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Il mondo deve cancellare il più premeditato degli assassinii
Mobilitarsi serve, lo dimostra l’impegno della Comunità di Sant’Egidio: l’hanno abolita 114 Stati su 193. Il 12 dicembre l’Onu vota sulla moratoria
La pena di morte è il più premeditato degli assassinii. Con queste parole di Gigi Proietti, da poco scomparso, si è aperta l’edizione di quest’anno di “Città per la vita, città contro la pena di morte”, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio. Le regole di distanziamento sociale non hanno permesso la tradizionale adunanza al Colosseo con la partecipazione di tantissimi giovani. La giornata è stata dunque celebrata a distanza sul Web, con relatori autorevoli e testimoni dei corridoi della morte.
L’iniziativa annuale sostiene la Campagna mondiale per la moratoria della pena capitale che l’Italia porta avanti fin dal 2007, anno della prima risoluzione in questo senso all’Assemblea generale dell’Onu. Da allora la pena di morte ha fatto molti passi indietro: oggi 114 su 193 Stati l’hanno abolita (8 solo per reati comuni) e 28 sono abolizionisti de facto, avendo sospeso le esecuzioni. È un passo decisivo per l’abolizione totale. La campagna ha toccato molti Stati dove il tema è sensibile: Stati Uniti, Giappone, India e i Paesi islamici. Il movimento delle “Città per la vita” permette l’adesione alla campagna anche di centri e Comuni dei Paesi mantenitori, allar gando così la base del consenso. Un movimento internazionale che supera le frontiere culturali, religiose e politiche. Ad oggi, 2.371 Comuni hanno aderito, e ogni 30 novembre data della prima abolizione ufficiale da parte del Granducato di Toscana nel 1786 illuminano un monumento cittadino come segno di adesione.
Quest’anno la giornata è stata aperta da David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, parlando di fallimento della pena capitale che non è un deterrente al crimine (una delle maggiori giustificazioni per il mantenimento). Una delle peggiori caratteristiche della pena capitale, ha sottolineato Mario Marazziti, curatore dell’evento, è l’irreversibilità. La giudice sudafricana Navi Pillay, presidente della Commissione internazionale contro la pena di morte, si è rivolta a Joe Biden auspicando la moratoria negli Stati Uniti, dove ormai 22 Stati sono abolizionisti e 3 in moratoria.
Il punto di vista islamico è stato esposto dall’avvocata malesiana Suzana Norlihan Ujen: La Sharia stessa non impone la pena di morte né la raccomanda. Grande sorpresa ha creato il tweet di papa Francesco giunto durante l’evento che, riprendendo l’hashtag dell’iniziativa (#nodeathpenalty), ha scritto: Neppure l’omicida perde la sua dignità personale e Dio stesso se ne fa garante. Il fermo rifiuto della pena di morte mostra fino a che punto è possibile riconoscere l’inalienabile dignità di ogni essere umano. Hanno concluso la giurista Sandra Babcock, che ha parlato di Lisa Montgomery, in attesa di esecuzione a gennaio 2021 negli Stati Uniti. È una storia di terribili violenze subite fin da bambina che l’hanno traumatizzata per la vita e spiegano come è giunta a commettere un crimine. È una sentenza da rivedere!
L’ultima parola l’ha avuta un protagonista: Joaquin Martinez, condannato a morte nel 1997 per un crimine mai commesso. Parlo contro la pena di morte perché rappresenta l’odio e la mancanza di umanità.
Il 12 dicembre, all’Onu, si è tenuto un nuovo voto sulla moratoria mondiale. Il 30 novembre è stato una tappa. Prosegue la mobilitazione perché nuovi Paesi si aggiungano alla lista di quelli che abbandonano questa pratica di altri tempi. Abolire la pena di morte è un segno di pacificazione nelle nostre società e di rispetto per la vita oggi così minacciata anche dalla pandemia.