“No Justice Without Life”: a Roma il 15° Incontro Internazionale dei Ministri della Giustizia contro la pena di morte

- in Città per la Vita

Alla Camera dei deputati ministri, ambasciatori, società civile e giovani insieme a Sant’Egidio per dire che non c’è giustizia senza vita

Si è svolto il 1° dicembre, nella Nuova Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari alla Camera dei deputati, il 15° Incontro Internazionale dei Ministri della Giustizia, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Il titolo – “No Justice Without Life” – ha raccolto ministri, ambasciatori e rappresentanti di 15 Paesi, insieme a studenti e società civile, per rilanciare un impegno comune: superare la pena di morte nel mondo.

Dopo il saluto introduttivo, è stato letto il messaggio del Presidente della Camera, Lorenzo Fontana, che ha ricordato come nel 2024 il numero delle esecuzioni ufficiali sia stato il più alto degli ultimi dieci anni: «Un lungo cammino resta da percorrere», ha scritto, richiamando l’Italia al suo ruolo internazionale per la moratoria universale.

La Svizzera, attraverso Dagmar Schmidt Tartagli, ha ribadito che l’abolizione è un “investimento nella giustizia e nella cooperazione”, mentre l’ambasciatrice Anne Eastwooddel Principato di Monaco ha sottolineato la storica crescita del sostegno alla moratoria ONU: 130 Paesi hanno votato a favore nell’ultima Assemblea Generale. Entrambe hanno richiamato la responsabilità di non cedere alla “politicizzazione della pena capitale” in tempi di crisi.

Dopo la veglia Città per la Vita al Colosseo, i Giovani per la Pace hanno portato la loro voce: «Dateci un futuro di pace, non di violenza». Su questa richiesta si è inserito l’intervento di Mario Marazziti, coordinatore della campagna internazionale di Sant’Egidio, che ha parlato della contrapposizione tra cultura della vita e cultura della morte: «La pena capitale è l’uso politico della paura. Non rende nessuno più sicuro». Marazziti ha ricordato i numerosi casi di innocenti condannati a morte, la mancanza di efficacia deterrente e il ruolo decisivo del sostegno alle famiglie delle vittime.

Dal Giappone è giunta con un video la testimonianza del deputato giapponese Satoshi Mano, padre di una vittima di incidente stradale: «La morte del colpevole non riempie il vuoto nel cuore. Ciò di cui abbiamo bisogno è sostegno, non vendetta», ha detto, spiegando perché oggi sostiene l’abolizione.

 Il Mozambico, con il ministro Matteus Saize, ha ricordato la scelta costituzionale e irreversibile di eliminare la pena capitale già dagli anni ’90. Il Gambia, con il ministro Dawda Jallow, ha illustrato la moratoria in vigore dal 2018, le riforme penali che hanno eliminato la pena di morte e la volontà di completare l’abolizione anche a livello costituzionale. L’Angola, tramite il ministro Marcy Cláudio Lopes, ha ribadito che la dignità della persona è un limite non modificabile della Costituzione. Dal Ciad, il ministro Youssouf Tom ha raccontato il percorso che ha portato nel 2020 all’abolizione totale, anche per i reati di terrorismo: «La giustizia non può imitare la violenza che condanna».

Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha riaffermato che il diritto alla vita è “superiore al diritto dello Stato”, ricordando i numerosi errori giudiziari e la responsabilità di costruire sistemi penali più rapidi, giusti e capaci di tutelare la dignità di ogni detenuto.

Lo statunitense commissario di polizia George Kain, oggi abolizionista: «La giustizia che uccide non protegge nessuno. Ho capito che stavamo mentendo alle vittime». Ha denunciato la ripresa delle esecuzioni e nuovi metodi disumani, chiedendo un impegno internazionale anche verso gli USA.

Nelle conclusioni, il presidente Marco Impagliazzo ha ricordato che la pena di morte è «il simbolo legale della disumanizzazione del mondo», soprattutto in un tempo segnato da guerre e violenze. «Siamo qui – ha detto – per resistere alla cultura della morte e costruire una cultura della vita. È una battaglia che si vince insieme, con gli Stati, le istituzioni e la società civile».