RD del Congo: I vescovi riaffermano la sacralità della vita di fronte alla condanna a morte per l’ex presidente Kabila

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Un tribunale militare della Repubblica Democratica del Congo ha condannato a morte, in contumacia, l’ex presidente Joseph Kabila, riconosciuto colpevole di “alto tradimento”. Secondo le motivazioni della sentenza, Kabila, 54 anni, sarebbe stato complice del movimento ribelle M23, gruppo armato che, con l’appoggio del Ruanda, ha conquistato vaste aree dell’est del Paese, ricche di risorse naturali. L’ex capo di Stato non era presente al processo, né rappresentato da un avvocato.

La decisione ha suscitato forte indignazione e preoccupazione nella Chiesa cattolica congolese. In una dichiarazione diffusa il 4 ottobre, la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) ha espresso “orrore per il verdetto” e ha ribadito la propria opposizione totale alla pena di morte, definendola “una misura inumana” e “un fallimento per una comunità degna di questo nome”. Nel testo, firmato da monsignor Fulgence Muteba, arcivescovo di Lubumbashi e presidente della CENCO, i vescovi affermano che “solo Dio è autore della vita, e solo Lui ha l’autorità legittima sul suo inizio e sulla sua fine”, richiamando la legge divina del “Non uccidere”.

I presuli ricordano che la Costituzione della Repubblica Democratica del Congo riconosce la sacralità della vita tra i diritti fondamentali e denunciano la fine del moratorio che per anni aveva sospeso le esecuzioni nel Paese. Secondo la CENCO, la reintroduzione della pena capitale “viola il diritto alla vita difeso dalla Chiesa” e si pone in contraddizione con il Vangelo, che invita alla riconciliazione, al perdono e alla ricerca della pace.

Nella dichiarazione, i vescovi si dicono “orripilati dal verdetto della Haute Cour Militaire de Kinshasa”, che ha condannato Kabila alla pena capitale, e invitano tutte le istituzioni, i partiti politici e la società civile a privilegiare il dialogo inclusivo come unica via per superare le crisi che affliggono il Paese. “Siamo convinti – scrivono – che un dialogo inclusivo resti la via migliore per affrontare le cause profonde della crisi e per ritrovare l’unità, la pace e l’integrità territoriale della nazione.”

La CENCO rinnova anche la propria esortazione ai governanti, all’opposizione armata e non armata e a tutto il popolo congolese, chiedendo un impegno comune per combattere “la cultura della morte” e i fattori che alimentano i conflitti e mettono a rischio la coesione nazionale. I vescovi concludono affidando il Paese alla Vergine Maria, “Notre Dame du Congo”, perché ottenga per tutti misericordia e pace: “Che la Vergine Maria, Notre Dame du Congo, ci ottenga la misericordia divina e la pace.”