
Sant’Egidio si appella al presidente Zhaparov: “Non reintrodurre la pena capitale”
Il Kirghizistan potrebbe tornare indietro sulla pena di morte, abolita nel 2007. Il presidente Sadir Zhaparov ha chiesto di preparare un disegno di legge per ripristinare la pena capitale per reati efferati contro donne e bambine, dopo un caso di cronaca che ha coinvolto una diciassettenne e scosso profondamente il paese.
La decisione arriva in un contesto difficile: secondo il Georgetown Institute for Women, Peace and Security, il Kirghizistan è tra i paesi più pericolosi dell’Asia Centrale per le donne.
La Comunità di Sant’Egidio ha lanciato un appello al presidente per fermare questa decisione. L’organizzazione ricorda che l’abolizione kirghisa, quasi ventennale, ha contribuito a creare in Asia Centrale una zona libera dalla pena di morte e ha fissato nuovi standard internazionali.
“Il contrasto alla violenza affonda le radici in una cultura della vita senza eccezioni”, sottolinea Sant’Egidio, ricordando che nemmeno la Corte Penale Internazionale prevede la pena capitale, neppure per genocidio. La reintroduzione della pena di morte, oltre a essere inefficace come deterrente, indebolirebbe la cooperazione giudiziaria con l’Unione Europea e i paesi abolizionisti.
Comunicato Stampa
SIAMO ANCORA IN TEMPO PER FERMARE IL RITORNO DELLA PENA DI MORTE
IN KYRGYZSTAN
Il Kyrgyzstan sembra regredire sulla pena di morte, abolita ufficialmente nel 2007 dal codice
penale.
Il 30 settembre scorso è stato reso noto che il Capo dello Stato, Sadir Zhaparov, ha raccomandato al
Dipartimento Giuridico dell’Amministrazione Presidenziale l’istituzione di un disegno di legge
mirante a restaurarla per reati efferati contro le donne e le bambine, sull’onda emotiva di un recente
episodio di cronaca che ha avuto per vittima una ragazza di 17 anni e che ha scosso profondamente
l’opinione pubblica, in un paese che secondo un Rapporto del Georgetown Institute for Women,
Peace and Security è ritenuto, negli ultimi anni, fra i più pericolosi in Asia Centrale per le donne.
La violenza diffusa e criminale contro le donne ha, purtroppo, radici profonde e molteplici, da
combattere a livello culturale e sociale e tocca molti aspetti dello sviluppo umano di ogni nazione.
Tuttavia, in ultima istanza, il contrasto a ogni violenza affonda le sue radici in una cultura della vita
senza eccezioni, che ha visto il Kyrgyzstan contribuire in maniera decisiva a creare in Asia Centrale
una “free zone” dalla pena capitale, con la sua abolizione de iure ormai quasi ventennale.
Il Paese si è unito tra i primi allo spirito e alla lettera della storica Risoluzione dell’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite per una Moratoria Universale delle esecuzioni capitali, contribuendo a
rendere più forte a livello mondiale una concezione e un rispetto più alti della giustizia e della vita
che, da allora, si è diffuso in altre parti del mondo, fissando un nuovo standard internazionale.
La Comunità di Sant’Egidio ha vigorosamente sostenuto con le campagne Città per la Vita, Città
contro la Pena di Morte, il risoluto processo abolizionista dei paesi centroasiatici ex sovietici in atto
nella prima decade degli anni 2000 e ritiene che uno dei modi di contrastare la crescita dei conflitti
e la salvaguardia della vita in questo tempo passi per una risoluta resistenza a qualunque
indebolimento legale del principio assoluto, conquistato a livello internazionale, del rispetto della
vita umana. Anche nel caso dei crimini più efferati. Si ricorda come la Corte Penale Internazionale
non contempli la pena capitale tra le sanzioni ammesse, anche nel caso di genocidio e di crimini
contro l’umanità.
Il distacco dall’uso della pena di morte continua a rappresentare un tratto qualificante dell’Asia
Centrale, di cui il mondo ha bisogno: un’area geopolitica che ha sperimentato, prima del crollo
dell’Urss, i danni di una pratica che non ha effetti deterrenti sui crimini più gravi, che è stata
popolare in maniera tragica della storia dell’Unione Sovietica e di altri paesi autoritari, e che nella
concretezza della lotta al crimine, indebolisce o rende impossibile la piena cooperazione giudiziaria
con l’Unione Europea e il resto dei paesi abolizionisti nel mondo.
Pur comprendendo l’estrema gravità dei reati contemplati dal provvedimento dell’Amministrazione
del Capo dello Stato, la Comunità di Sant’Egidio si appella con forza per fermare la decisione di
reintrodurre la pena capitale nell’ordinamento del Kyrgyzstan.
Ci rivolgiamo rispettosamente quindi al Presidente della Repubblica affinché possa tornare sulla sua
decisione e confermare il diritto alla vita in ogni sua manifestazione, che è la prevenzione e la difesa
più profonda verso il crimine e la violenza diffusa in ogni società, anche quella contro le donne.
Roma, 4 ottobre 2025