Tamara Chikunova, una madre contro la pena di morte

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Una lunga e intensa amicizia ha legato la Comunità di Sant’Egidio con Tamara Ivanovna Chikunova (Tashkent, Uzbekistan, 1948 – Novara, Italia, 2021). La Comunità ha ripercorso alcuni dei momenti più significativi di questo legame nell’impegno comune per un mondo senza pena di morte.

Iniziata nel 2002 con una lettera sul suo impegno per l’abolizione della pena di morte in Uzbekistan, a cui è seguita la partecipazione poco dopo alla fondazione della Coalizione Mondiale Contro la Pena di Morte (WCADP) a Sant’Egidio, una visita a Tashkent nel 2003, questa amicizia è divenuta negli anni un legame forte, che ha visto il dolore di Tamara trasformarsi in un impegno forte contro l’ingiustizia della pena di morte e ha fatto di lei il riferimento dolce e amico di tanti giovani.

Tamara era una donna russa, che si era trovata nella capitale uzbeka al momento della dissoluzione dell’Unione Sovietica e nel paese centro-asiatico continuò a vivere. Nel 1999 suo figlio Dmitrij fu ingiustamente condannato a morte e venne fucilato il 10 luglio del 2000: aveva 29 anni. La madre non fu avvertita dell’esecuzione e non riuscì neppure a salutarlo un’ultima volta. Non le fu restituito nemmeno il corpo del figlio, così come prevedeva la legge uzbeka per tutti i condannati a morte.

In seguito alla sua tragedia familiare la scelta di Tamara fu di lottare perché non si ripetessero casi analoghi. Decise di fondare l’associazione pubblica Madri Contro la Pena di Morte e la Tortura assieme ad altre donne che come lei avevano perduto i propri figli in seguito a una esecuzione capitale. Ebbe inizio un impegno coraggioso e intelligente per la difesa legale dei condannati e per l’abolizione della pena di morte in Uzbekistan.

Grazie all’operato e alla mediazione della sua organizzazione, ingaggiando bravi avvocati, Tamara Chikunova ha contribuito a salvare le vite di 23 condannati alla pena capitale, riuscendo a far commutare la loro sentenza di morte in ergastolo o condanne alla reclusione. Il suo impegno, sostenuto dalla Comunità di Sant’Egidio a livello internazionale, ha condotto all’abolizione della pena capitale in Uzbekistan, il 1° gennaio 2008.
Così Tamara ha ricordato la sua scelta: “Io una piccola donna sconfitta, lavoravo per far vincere la vita. All’inizio del 2002 scrissi una lettera alla Comunità di Sant’Egidio, cercavo aiuto per me e per la mia missione: liberare i condannati a morte. Ringrazio il Signore perché da quel giorno non ci siamo più lasciati! Con gli anni si sono compiuti dei miracoli, abbiamo potuto salvare la vita di tanti giovani condannati a morte nel mio paese. Veramente ho ricevuto il segno dell’amore di Dio! Così Dio mi ha donato la forza di perdonare tutti i responsabili dell’esecuzione di mio figlio! E trovando la forza di perdonare sono diventata più forte! ”.

Lo sguardo nel frattempo si era allargato ad altri paesi dell’area e Tamara Chikunova aveva dato un contributo importante al processo che condusse all’abolizione della pena di morte in Kirghizistan, Kazakistan e Mongolia.
Tamara avvertiva con urgenza la sua responsabilità di testimoniare la sua storia e di contribuire all’abolizione della pena di morte nel mondo, alla diffusione di una cultura della compassione e della vita, a una umanizzazione delle condizioni dei carcerati, verso cui nutriva una profonda empatia. Non si è mai stancata di parlare pubblicamente, da tante conferenze fino alla partecipazione agli Incontri Internazionali di Preghiera per la Pace e ai Congressi dei ministri della giustizia, promossi da Sant’Egidio. Sentiva in modo particolare la necessità di parlare ai giovani, per contrastare la diffusione di una cultura dell’odio e della vendetta, e si è spesa senza risparmiarsi incontrando studenti in tanti paesi europei.
Costretta a lasciare l’Uzbekistan in seguito a serie minacce alla sua vita, ha trovato casa e famiglia grazie alla Comunità di Sant’Egidio di Novara, che nel 2009 la ha accolta con generosità e grande amore. A Novara, dove ha vissuto in questi anni e da dove non mancava di recarsi spesso in Russia e nella sua amata San Pietroburgo, è stata con profondità partecipe della vita di Sant’Egidio, di cui ha condiviso fraternamente lo spirito e l’amicizia.

Donna generosa, coraggiosa e instancabile, Tamara, benché malata, negli ultimi anni si era anche dedicata a un grande impegno di incontro con i detenuti delle carceri italiane e tedesche, ai quali ha rivolto discorsi appassionati e commoventi. Un suo cruccio era l’unico paese europeo in cui ancora vige la pena di morte. Alla Bielorussia infatti sono state rivolte molte sue energie ed era stata nominata delegata del Consiglio d’Europa per la questione della pena capitale in quel paese.
Il suo sguardo, che nascondeva dietro un velo di tristezza una antica fierezza, comunicava la compassione che ha animato la sua vita dopo la morte del figlio.

Donna credente, ha lasciato un messaggio di vita, di umanità, di pace, verso cui siamo profondamente grati. A Barcellona nel 2010, nel suo intervento all’Incontro di Preghiera per la Pace promosso da Sant’Egidio, aveva detto: “Adesso è il tempo in cui lottare per l’anima delle persone. Altrimenti il vuoto spirituale si riempie velocemente di altre idee…”. La sua convinzione profonda era che “Dio non è giudice, ma è padre che perdona”.

 

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